SexMeandPoetry

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giovedì 20 settembre 2012

Alle madri, le creature più forti del mondo

In te sono stato l'albume, uovo, pesce, le ere sconfinate della terra, ho attraversato la tua placenta, fuori di te sono contato a giorni. In te sono passato da cellula a scheletro un milione di volte e mi sono ingrandito, fuori di te l'accrescimento è stato immensamente meno.

Sono sgusciato dalla tua pienezza senza lasciarti vuota perchè il vuoto l'ho portato con me.
Sono venuto nudo; mi hai coperto, così ho imparato nudità e pudore, il latte e la sua assenza.

Mi hai messo in bocca tutte le parole a cucchiaini, tranne una: mamma. Quella l'inventa il figlio sbattendo le due labbra, quella l'insegna il figlio.
Da te ho preso le voci del mio luogo, le canzoni, le ingiurie, gli scongiuri, da te ho ascoltato il primo libro dietro la febbre della scarlattina.

Ti ho dato aiuto a vomitare, a friggere le pizze, a scrivere una lettera, ad accendere un fuoco, a finire le parole crociate, ti ho versato il vino e ho macchiato la tavola, non ti ho messo un nipote sulle gambe non ti ho fatto bussare a una prigione, non ancora, da te ho imparato il lutto e l'ora di finirlo, a tuo padre somiglio, a tuo fratello.
 Non sono stato figlio.

Da te ho preso gli occhi chiari con il loro peso, a te ho nascosto tutto.
Ho promesso di bruciare il tuo corpo di non darlo alla terra. Ti darò al fuoco fratello del vulcano che ci orientava nel sonno. Ti spargerò nell'aria dopo l'acquazzone, all'ora dell'arcobaleno che ti faceva spalancare gli occhi.
Erri De Luca

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